“Fragmenta”
di Giorgia Zuccaro
Giuseppe Maimone Editore
“Fragmenta” di Giorgia Zuccaro, è una silloge (Giuseppe Maimone Editore) che raccoglie, in linea cronologica, versi fioriti dagli anni della pre-adolescenza ai nostri giorni. È la storia, meglio, “il romanzo di formazione di una vita che ricerca il senso prima dentro alle parole dei cari maestri e poi dentro il Sé”. “La genesi spontanea di queste poesie - afferma il prefatore, prof. Paolo Bellia - costituisce una cattura di contenuti elevati trasposti verso il basso e l’ermeneutica corretta dovrebbe tendere alla ricostruzione degli altri significati ispiratori in un moto di risalita piuttosto che seguire un percorso discendente verso i meandri dell’inconscio e del livello terreno-materialistico”. L’autrice che ha “bruciato incensi d’amore all’equa ragione e alla (propria) razionalità”, “rinasce da se stessa ogni giorno” porgendo un dettato lirico costantemente pulsante, diversificato da percettibili peculiarità. Scioltezza, “calava il giorno sulla nicchia di prato ove giacevo trasparente ai tuoi occhi”. Ermetismo, “il tutto non si scorge in quel limbo, nel tuo altare, tutto appare, tutto dispare e nulla che dia senso a questo faro intermittente”. Levità, “carpiva il suo silenzio celato in armonie dell’universo dormendo inginocchiata accanto a lui, cuore a cuore”. Osservazione, “nobili si stagliano i versi della tua quotidianità come agili levrieri in cerca di verità”. Spiritualità, “da un canto ti leggo e da un canto ti spero, assomigliarti agogno se non nella gloria perlomeno nell’anima”. Raccoglimento, “è forse più gratificante temere che godere la luce?”. Un inno colto e lucente all’indivisibilità dell’essere, all’infinitezza che “nasce con la fine e finisce con l’inizio”. Un invito, per dirlo pensando alla sapienza di Lucio Piccolo, vate celebrato dalla Zuccaro assieme a Montale (“ora tuo malgrado vivi, computo il balzo che una volta temevi, ma non hai lasciato il bandolo della sicurezza”), Ungaretti (“ora lo sai che è nel tappeto in cui i colori si fondono che la solitudine si stempera in una dolce armonia di suoni”), Saba (“rimpiangi di tornare su quel, ormai famoso, nuvolo dorato”), Dante (“gli ignavi li sputa anche l’Inferno”) e Mario Luzi (“nulla di ciò che accade è senza volto e nulla di ciò che percepisci puro è inganno), a rifugiarci nell’oscurità di noi stessi per ritrovare quanto di prezioso abbiamo smarrito. E riflettere, pertanto, sull’impellente necessità di prendere (“Avere”) coscienza del mondo. In che modo? Verosimilmente, ascoltando con “cuore sincero” - senza riserve - per diventare eterni “testimoni d’Amore” anche quando, sotto oniriche tolde, “la notte disarma dolcemente la vita”.
Grazia Calanna
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