giovedì 26 maggio 2011

CRONO SILENTE
Calanna una poesia senza carillon
Basterà ricordare un particolare del pensiero di Pitagora per orientarci nel castello di luci che Grazia Calanna ha disposto lungo le coinvolgenti pagine del suo primo libro di poesia "Crono silente" (ed. Prova d’Autore). Pitagora affermava che il mondo in cui viviamo è pervaso da una misteriosa armonia che noi non cogliamo perché vi siamo immersi fin dalla nascita e vi abbiamo fatto talmente abitudine da non essere più capaci di percepirne la caratterizzazione. Ebbene? Dopo aver letto le sessantatrè liriche di Crono silente, ne abbiamo acquisito una nostra chiave di interpretazione pensando alla proposta pitagorica, quella dello scorrere del tempo, acqua cheta che rovina i ponti, e quella dell’incessante duolo della vita, insito nella natura di ogni essere umano e quindi, a suo modo, "armonia" anche se amara e non dispensatrice di gioie e delizie: "Mondo ostile / traverso le tue lande desolate / ti ritrovo / lungo un tortuoso cammino / ripiegato su te stesso / orfano di verbi / (…) miscugli di cenere e lacrime amare / voglio dipingere quello che sento". Cenere e lacrime amare, dunque, potrebbe essere la costante della "armonia". Grazia non ha dubbi, infatti ci confida: "voglio dipingere quello che sento" perché è questa l’armonia del mondo, quella che tutti ascoltiamo fin dalla nascita e che non smette di seguirci lungo il tortuoso evolversi di questa vita nella quale ogni essere umano è delegato a portare dentro se stesso una propria croce. Una poesia, questa di Grazia Calanna, che cela, sotto l’accattivante accessibilità la via maestra del comunicare a ogni lettore, con l’ umiltà propria di chi non ha bisogno di belletti per presentare tutte le sfumature sull’impervio di ogni condizione esistenziale. "Senza carillon" ha scritto Savina Dolores Massa nella prefazione condivisa dalla magistrale nota di Mario Grasso in bandella. È, infine, la scrittura di Calanna, un coerente esempio di stile poetico, riconoscibile ad apertura di pagina per l’asciuttezza definitoria del verso, rigorosamente scevro da fumose esibizioni retoriche.
Stefania Calabrò

(La Sicilia – Cultura 25 maggio 2011)

mercoledì 25 maggio 2011

“L’Amico di famiglia”
di Luigi Carotenuto
Edizioni Prova d’Autore


Note trafugate alla vita con il coraggio di un equilibrista che, sagacemente, incede sull’impalpabile filamento del tempo. Intime corrispondenze, liriche le quali, a ridosso dell’apparente agevolezza, nascondono un’emotività peculiare che,  paradossalmente, può essere compresa protendendosi al di là della singola parola. “Piove a dirotto sulla via di casa”, il senso di smarrimento si attorciglia alla percezione di inadeguatezza, impossibile “aderire a questa realtà”, in nessun modo, “nemmeno con la colla”, e lo spasimo, al quale stoltamente “sbarriamo le porte come se la luce servisse a nascondere la notte”, spadroneggia “nell’identico modo di sempre”. Il pensiero dell’autore diviene lo specchio nel quale riflettendosi, come per prodigio, è possibile riverberare. “L’Amico di famiglia” di Luigi Carotenuto, edito da Prova d’Autore, prefato da Anna Vasta,  approfondisce gli assunti classici della versificazione i quali, per mezzo dell’impulsiva genialità del poeta, rifioriscono. Così, in un cosmo distinto dalla tenacia di una “precarietà” versatile, muta l’accezione del dolore, or ora, viatico per un appagamento, oltreché individuale, partecipato. Un canto pragmatico, garbatamente canzonatorio. Nondimeno, rivolto all’esistenza con gli “occhi danzanti” e fiduciosi di colui che lancia “un sasso”, poco importa che sia “piccolissimo” o, ancor meno, sia ignoto il destino che lo attende.
Grazia Calanna

domenica 22 maggio 2011

Le assi curve di Yves Bonnefoy (Mondadori)


Con la traduzione fedele di Fabio Scotto il mondo poetico di Bonnefoy si apre nel periplo dei ricordi, il libro inizia al passato (“Rauche erano le voci /delle raganelle la sera”); cieli estivi, crepitìo di fuochi e acque, sussulti vitali in un'intensa dialettica tra luci/ombre, notte/giorno, chiaro/scuro, parola/silenzio. Un universo a volte panteista e arcaico come in un dipinto di Delvaux o Böcklin, con apparizioni mitiche (Cerere, Marsia) e appelli accorati (che questo mondo rimanga, / malgrado la morte!”), dove l'amore a due è il tentativo di scalare l'assoluto (“i nostri corpi tentano il guado/ d'un tempo più vasto”) in una finitezza che vede tutto disfarsi e cedere all'ineluttabile (“tutto ciò, e che fu/ così nostro, ma/ non è che questo cavo delle mani/ in cui acqua non resta”). Il sogno fa da nocchiero tra le assi curve di barche-uomini desiderosi di poesia, passe-partout per la meraviglia (Io so che tu sarai, anche di notte, / l'àncora gettata, i passi barcollanti sulla sabbia /E la legna raccolta, e la scintilla”); rivelatrice di presenze folgoranti può diventare una crepa nel muro (“Ci piaceva che la crepa nel muro/ Fosse quella spiga da cui sciamavano mondi”) nella ricerca a tentoni della felicità e dell'impossibile immortalità. Iridescenti narrazioni nostalgiche d'un vitalismo verbale e simbolico, inquietudini in versi in una lotta a tu per tu con i propri demoni: familiari, linguistici, religiosi.
                                                                                                       
                                                                                                           Luigi Carotenuto

sabato 21 maggio 2011

Retro Parole di Giuseppe Amoroso

Retroparole
 “Ogni poesia è misteriosa; nessuno sa interamente cosa gli è stato concesso di scrivere”. Il pensiero, fisiologicamente stuzzicante, di Jorge Luis Borges sovviene dopo aver letto Retroparole (Poesia italiana 1982 – 2009) di Giuseppe Amoroso (Prova d’Autore), incantevole raccolta - altresì invogliante - di recensioni letterarie rivolte ai versificatori che hanno animato - eternandolo - un trentennio esistenziale. Il paragrafo intitolato a Mario Grasso, alla “vocalità di una scrittura capace di mettersi al servizio di ogni tema”, alle  “architetture cariche di slanci su cui esercita il prezioso controllo”,  schiude il volume. E ancora, delicatezza e zelo, prestati alle opere di Bartolo Cattafi “poeta scarnificato” che “sfoltisce” sino “al fondo oscuro delle cose”; Lucio Piccolo, aedo “assorto” che con la “mescolanza di toni di un raffinato e flessibile canto” afferra “sfaldarsi dei sogni” e “caduta dei miti”; Giuliano Gramigna, ironico, nostalgico, consapevole di  “un’essenza granulare del mondo”; Antonio Porta dalla “forza del verso, tinteggiato di leopardiana malinconia”, capace di “unire patimento e speranza”; Milo De Angelis, “abbagliato da un universo tentacolare e sfuggente… mai sottratto all’improvviso prorompere della luce”; Patrizia Valduga, percorrente itinerari in apparenza battuti “per liberare nuove note e collocarle in un’originale biblioteca d’amore e di morte”; Dario Bellezza e la parola, “spavalda”, “barocca”, “lineare”, che “si impenna in alchimie verbali”; Valerio Magrelli, “salace”, che “pianta nei testi il cuneo della manomissione ironica”; Antonio Di Mauro e la “levità sospesa” che “accarezza i versi e li raccoglie integri in un’aria dipinta di soave lindura”;  Roberto Mussapi, “capace di trovare l’oltre dove vacilla la cornice dello sguardo”; Nelo Risi, accorto testimone di una “società che sbanda” e, non ultimo, di concerto con numerosi altri protagonisti della selezione, Andrea Manzi che con i propri versi, colmi di passione e di euforie, fa emergere “come spezzoni di un dominato caos metropolitano, anche i diafani colori della quiete”.
Grazia Calanna

Spoesie di Nadia Cavalera (Fermenti)

Spoesie
di Nadia Cavalera (Fermenti)
 
Si presenta armata la poesia di Nadia Cavalera. Armata di logos e pathos, ragione e pietà profonda per gli uomini che portano la croce quotidiana del precariato e delle ingiustizie sociali; pietà per la natura sottomessa, soffocata dall'ottusità politica e imprenditoriale. I suoi versi indignati mirano dritto ai veri problemi del nostro Paese, dagli abusi alla hybris del Presidente del Consiglio, con la complicità degli altri organi di Stato, fino all'inerzia colpevole degli elettori. “L'infelicità va sottoposta a critica”, scrive, “ché la vera salvezza c'é e tanta / al di fuori”; fuori da ogni ricatto morale, ideologico, venga dai partiti (senza risparmiare una Sinistra accomodante) o dalle autorità ecclesiastiche. Lessico rovente, caustico, parole in difesa del popolo, di quel “proletariato / violentato per definizione nei secoli dei secoli”, inviti alla Resistenza e al risveglio delle coscienze civili, etiche, morali, con la forza di un dettato lucido, libero (originalissima la punteggiatura), partecipato oltre che lirico “(: può esserci un sogno sopra il dirupo?)”. Nonostante tutto e tutti, un ostinato, religioso, credo quia absurdum “(: solo l'assurdo può essere creduto)” nei confronti di un riscatto umano e sociale possibile, da parte di una donna che si ridurrebbe “lontan'esule in un'umile stanza”, in autoesilio sacrificale, pur di veder riconsegnate alla nazione le proprie “armi belle”, ovvero la bellezza, i sentimenti, la giustizia e rifiorita così la vera humanitas.
                                           Luigi Carotenuto                                                        
 

venerdì 20 maggio 2011

Crono Silente di Grazia Calanna

Crono Silente
di Grazia Calanna (ed. prova d'Autore)

“Al confine col cielo” la poesia di Grazia Calanna, dilacerata da una costante ansia metafisica. Versi come passi di danza, danza sui carboni ardenti di un mondo “sordido” e “scoscenziato” che, babelicamente, “parla lingue confuse”. La forza delle verità assolute, spesso “indigeste”, guida il cammino di un libro dal lessico intriso di dolore e sapienza, fede e accettazione mai rassegnata. Agguerrita contro ogni ingiustizia e indifferenza umana, lucida fotografa di miserie esistenziali, la lirica, a tratti espressionista, dell'autrice, ha per compagno infedele il silenzio, declinato nelle sue molteplici sfumature psicologiche (è custode, sconosciuto, logorroico, doloroso, madido, placante, invadente, stolto), quasi fosse vera e propria camaleontica persona. Altro protagonista della silloge, Crono, tiranno dalle “mani piromani”, il tempo divorante che ingurgita l'uomo nel suo “baratro”, incenerisce i sogni e reclude in spazi asfittici “contronatura”. Alla quotidianità asservita a Crono, malata di fretta, si oppone la “maestria” dell'anziano, vero “signore del tempo”, l'ingenuità infantile (Ignaro / un fanciullo disegna arcobaleni di quiete […] Gogna ) e nemmeno la morte fa più tanta paura anzi diviene complice di senso e “stupore” (Dipartita / riporti in vita / ricordi avviliti dalla vita / gemme di sale in gocce di senso rinvenuto - Stupore). Una poesia alla ricerca dell'essere puro, “eterno”, consapevole dell'incapacità del linguaggio stesso di afferrare le cose, i concetti (La parola / incompleta carceriera […] Parentesi), volta verso essenze celesti e albe sorridenti dove smettere, finalmente, “di cercare risposte”.
Luigi Carotenuto
Argonauta
di Gabriella Bertizzolo (ed. Marsilio)

Riecheggia il mito nel percorso tra gli inferi e l'Eden psichici dell'ultima silloge poetica di Gabriella Bertizzolo, Argonauta. Intitolata così “proprio per il grande fascino che fin da bambina questo “viaggio” per antonomasia ha esercitato su di me”, dichiara l'autrice in una nota del libro; e come gli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro così la poetessa si muove in cerca d'espiazione catartica, “tra il nihil e l'omnia”, tentando di riagguantare memorie, speranze e doni perduti, sottraendosi alla “morsa del Vuoto” che trattiene “con ghigno beffardo”. Avvinta da una “...insolvibile concupiscenza / di conoscenza”, madre di diletto e tormento, la Bertizzolo spreme intelletto e cuore “nella nivea pagina” dove “le parole sono mute” tra significati e significanti estenuati. Un duro lavorio interiore, anche inconscio, al quale fa da contrappunto la ricercatezza ed eleganza formale dei versi (Nell'infinito riassunto di vita / spaurito, alzi la mano / e con occhi sporchi di fiaba / chiedi cinture di sicurezza […] Ars docendi). Mito e psicanalisi sono sempre andati a nozze da Freud a Jung e in questa raccolta trovano ampio terreno fertile grazie allo scrutare analitico, all'utilizzo semantico e lessicale del dizionario classico (dal greco al latino e le lingue neolatine). Senza stridori, c'é spazio anche per la trascendenza di matrice teologico-cristiana (Inesauribile torcia di Fede / faro di Speranza / travaso di Carità / […] sulle gracili spalle sostieni / il macigno di confidenze tremende. Credo quia absurdum), diverse infatti, sono le poesie dedicate a figure di santi o eremiti. Fra interiorità e alterità, in attesa della “demiurgica Parola”, gravita sospeso l'universo simbolico di Argonauta, apotropaico antidoto al tedium vitae.
Luigi Carotenuto

l'EstroVerso Poesia

Salve sono l'inserto poetico del bimestrale culturale l'Estroverso (www.lestroverso.it) ...