sabato 14 aprile 2012

l’EstroVerso è un periodico culturale su Rai Letteratura www.letteratura.rai.it

l’EstroVerso  è un periodico culturale su Rai Letteratura www.letteratura.rai.it


Un nome, l’EstroVerso, per un duplice significato: l’inventiva del verso (pensiamo alla forza creativa della parola) e l’estroversione connaturata al desiderio di condividere (in libertà) due passioni indissolubili, scrittura e lettura.
l’EstroVerso, che rivolge peculiare attenzione alle riflessioni critiche, alla letteratura, all’arte e alla poesia, auspica l’attenta “partecipazione” di un pubblico esteso, senza limiti d’età, tant’è che tra le proprie pagine ospita (anche) la coloratissima rubrica Biblioteca Birichina, a cura della scrittrice pugliese Anna Baccelliere, impreziosita dalle squisite illustrazioni di Giordana Galli.
l’EstroVerso è una rivista con una cifra autoriale germogliata spontaneamente e altrettanto spontaneamente in crescita. Lo studioso Matteo M. Vecchio, di recente, dell’EstroVerso, ha scritto e, simpaticamente, sottoscritto: “teneramente raffinato, a livello anche editoriale. Per non parlare del livello dei contenuti. Un periodico letterario finalmente estraneo alle consolidate logiche curiali”. Sarà forse per questo che collaborano con l’EstroVerso, offrendo “con grazia” idee in gemme di scritti (preziosi), scrittori, poeti, giornalisti e artisti da tutta Italia e, di recente, anche dall’estero? Citiamo, da Norimberga, l’originale contributo, “A casa o lontano da casa”, della scrittrice e pittrice bilingue Alessandra Brisotto.
Numerose rubriche animano le pagine estroVerse.
Tra queste, ricordiamo:
Scrittura Creativa. Suggerimenti, dell’autore genovese Claudio Bagnasco;
L’Antro della Pizia, narrazioni inedite della scrittrice sarda Savina Dolores Massa;
Nulla dies sine linea, scritti irriverenti del saggista catanese Dario Matteo Gargano;
Le interviste ritratto, della poetessa veneta Gabriella Bertizzolo;
EscogitArte, accattivanti imbeccate artistiche della catanese Elisa Toscano.
E, ancora, l’Editore Racconta (Marsilio, Jaca Book, Prova d’Autore, Barbès Editore, Hacca Edizioni, Il Maestrale…), Allo specchio di un quesito (Alessandra Manzon, Michela Marzano, Alessandro Zaccuri…), l’Autore Racconta (Emma La Spina, Rosa Matteucci, Nadia Cavalera, Letizia Dimartino, Andrea Ponso, Gabriella Genisi, Elisa Ruotolo…) e Parola d’Autore (dedicata al valore intimistico e contemporaneo della scrittura con, tra gli altri, le inesauribili considerazioni di Franco Arminio, Eva Clesis, Giorgio Fontana, Marco Dotti, Antonio Castronuovo e Giovanna Frene).
Volendo fare un’incompleta mappatura delle partecipative penne, ricordiamo, da Milano, la presenza di Fabrizio Bernini con stuzzicanti riflessioni critiche; da Teramo, Carina Spurio, come da Catania Raffaella Belfiore, con urgenti e pungenti temi di attualità; da Caserta, Sandro De Fazi con recensioni letterarie; da Viterbo, Daniele Cencelli con screziate nozioni storico-artistiche. E, sempre, da Catania, Alfio Caltabiano, Luigi Taibbi e Vladimir Di Prima, rispettivamente, con le camaleontiche Filosofare, Notturni e Di Prima Nota.
Dell’EstroVerso non può negarsi il temperamento lirico lievitato con il fervido apporto del poeta e critico letterario Luigi Carotenuto, responsabile principalmente della rubrica Poesia e delle interviste a tema come quella rivolta ad Ada De Alessandri, moglie di Bartolo Cattafi, che ha voluto donarci una deliziosa testimonianza.
l’EstroVerso ha lo sguardo proteso con curiosità verso la poesia senza limiti di genere, scuole o indirizzi poetici. Ciò che più interessa sono l’originalità stilistica, la capacità emozionale e comunicativa di coloro che scrivono. Convenite?

Grazia Calanna (Direttore Responsabile l’EstroVerso)

(l’EstroVerso Registrazione Tribunale di Catania n. 5 del 9 febbraio 2007)

POESIA di Luigi Carotenuto su www.lestroverso.it

POESIA di Luigi Carotenuto su www.lestroverso.it

Libro delle laudi di Patrizia Valduga (Einaudi)
Il Libro delle laudi è un canzoniere dolente che procede a distici, mano nella mano - invisibile - del compagno amatissimo Giovanni Raboni. La rievocazione e celebrazione, dopo Requiem, del defunto consorte, amante e secondo padre (“Amore padre”, scrive) attraversa l'intero libro anche quando l'autrice si confessa e sconfessa, come nella seconda sezione, quella dell'autoanalisi, dove, nel mezzo di toni enfatici, da recitazione sopra le righe, si distinguono sommesse voci dal sincero spaesamento esistenziale. Lo scavo psichico rende spazio a confessioni, seppure apparentemente si avverta un'impalcatura scenica (alla maniera di Giovanni Giudici per intenderci) teatrale, illuminanti. È la sezione migliore del libro, zeppa di colori, narrazioni, aspetti introspettivi legati alla memoria del cuore e dell'infanzia, scissioni dell'io e desideri segreti. L'andatura dei versi è franta, claudicante, i punti di sospensione ossessivamente presenti sono il balbettìo, la voce singhiozzante della Valduga amareggiata da una perdita insostituibile. L'ultima sezione si scaglia contro la carta stampata, l'invettiva ai giornalisti ha un nobile precedente  nella poesia satirica Capitolo sul giornalista (1813) di Ugo Foscolo, l'autrice denuncia il “vilipendio della letteratura” da parte degli addetti alla cultura del nostro Paese. Confessionale, teatrale, tragica, la Valduga continua il suo percorso lirico nel segno di un rigore metrico formale che, come ha scritto Stefano Giovanardi, fa “da argine nei confronti di una piena sensuale altrimenti incontrollabile”.

Yellow di Antonio Porta (Mondadori Lo Specchio)
Un tripudio dei sensi, esaltazione della vita. Ecco la poesia di Antonio Porta. Un vitalismo onnivoro che abbraccia ogni cosa in un amplesso costante e rigenerante. Anche la morte viene trascinata in questo trasporto vitale dal poeta (cfr. La felicità del ritorno). Dunque quanto mai felice la scelta di pubblicare postumo (nel 2002), grazie alla perizia della compagna Rosemary Liedl e l'acribia di una studiosa attenta come Niva Lorenzini (che ha curato il volume insieme a Fabrizio Lombardo, autore delle note), questo quaderno di appunti, progetti, annotazioni e versi sparsi, incompiuto a causa della morte precoce dell'autore. Lavori in corso di un poeta dalla “rara inquietudine” (come ricordava Anceschi citato nella preziosa postfazione) che ha lasciato un segno tangibile nella poesia del Novecento e, forse ancor più, in quella di inizio secolo. Vivace, vivida, violenta, la lingua di Porta, incide, agisce sul tangibile e l'onirico (costante la presenza della realtà psichica) sempre nei segni di un approccio legato al reale, all'oggetto e all'essere in atto. Dio stesso viene avvicinato, fraternizzato, rimpicciolito per amore “(dio con la minuscola / è amore non offesa)”, molto presente è l'ossessione del tempo, visto come privazione, ostacolo da eludere o cancellare (“Lei non sa nemmeno che cosa è il tempo. Lo cancella anche per me con i suoi atti e gesti di crescita”, scrive parlando della figlia), attraverso l'occhio bambino (e viene in mente la verginità di sguardo che Sanguineti attribuiva alla poesia). Una poesia per sua stessa natura ottimista, attiva, che si fa canto forte e sicuro (“ogni giorno può rinascere / e canta sulle pagine bianche”), o, in questi versi-testamento, che sfidano il dolore, la morte e il nulla: “la mia vita è stata felice / la mia infelicità totale, / venga, se ha coraggio”.

Morte de uma estacao di Antonia Pozzi
(scelta e traduzione di Ines Dias)
postfazione Matteo M. Vecchio
prefazione Jose' Carlos Soares

La poesia di Antonia Pozzi (della quale quest'anno ricorre il centenario dalla nascita), trova, grazie alla cura, lo studio e la passione di Ines Dias, diritto di cittadinanza portoghese. La traduzione è quanto più possibile fedele all'originale, grazie anche alla familiarità di una lingua che conosce bene la malinconia delle stagioni morenti. La Pozzi colpisce per la precoce maturità stilistica e la pronuncia ferma, la capacità di osservare il paesaggio nella chiarezza di sguardo (sguardo che le ha permesso notevoli risultati anche in fotografia, ci restano sue foto emblematiche come quella delle rondini sui tralicci), una poetessa lontana dai meccanismi editoriali, come ricorda nella documentatissima e particolarmente acuta postfazione, lo studioso Matteo Mario Vecchio, il cui suicidio avvenuto a soli 26 anni, offusca la portata autonoma dell'opera. Certo, in ogni autore la biografia dà linfa all'opera e viceversa, ma come i veri poeti la Pozzi sfugge a qualificazioni esclusivamente biografiche. Una voce perentoria e assolutizzante, unica per lirismo e precisione lessicale, efficacia visiva, che tratteggia stati d'animo in immagini aurorali dove la presenza della morte è mitigata da una densa concentrazione immaginifica. In Pensiero scrive: Avere due lunghe ali / d'ombra / e piegarle su questo tuo male; / essere ombra, pace / serale / intorno al tuo spento / sorriso.
“Affari di cuore” di Paolo Ruffilli (Einaudi)
Recensione di Grazia Calanna su Belli da Leggere www.lestroverso.it

“La combinazione nella continuità, l’incastro più assoluto”. Contaminazione olfattiva, gustativa, tattile, uditiva, visiva. Nitida sinestesia. “L’amore è la poesia dei sensi”. Leggendo “Affari di cuore” di Paolo Ruffilli (Einaudi) guizza la riflessione di Honoré de Balzac. Spicca, di verso in verso, la pluridirezionalità dell’intimo sentire. La coscienza  pulsa. “Infelice della mia felicità”. Rolla incessante, come al braccio di un valzer d’andamento lesto. Proustiani retaggi gli odori, sfamano i ricordi, “ritornare da te,  almeno con il naso”, esaltano l’immaginazione, “è una caccia  che, di colpo incosciente dentro il sogno, mi lascia più sfibrato”, avvampano il desiderio, “vita che ho raccolta e catturata avvolta nel suo odore di scoperta mai esaurita”. Percezioni d’occhi e di mani che si muovono con l’alito “cannibalesco” del “più ti mangio, più mi metti fame”. Le schiavitù del corpo a corpo, “chi cattura vuol farsi prigioniero”, del sudore rimestato al sangue, “squartati l’uno nell’altra beati”, del delirio, “la nostra convulsione di versarci addosso l’una dell’altro in un assalto di pura conoscenza”, del dubbio, “chi usa la testa, chi si affida al cuore e tutti e due i modi possono sbagliare”. Leopardiano indugio, permea, penetra il testo valicandolo fino a pungere il lettore, “amputato dall’attesa”. La letizia dell’affrancamento, “se non ti amo più, però ti ho molto amato e non è stato vano perché, perdendo, mi sono ritrovato”. Dell’enigma, “è in quel remoto soffio dentro al cuore che ognuno riconosce il suo destino”. Dell’illogico, “amore che non cessa di amare nel difetto”. Canti unanimi, intrappolano in una spirale di pulsioni dissennate quanto la provvisorietà globale dell’uomo piegato, suo malgrado, al diktat della casualità, “un attimo e la vita ti appare ribaltata”, e, illusoriamente, all’effetto placebo del tempo che “sfoca e fa dimenticare” rendendo “al tatto tutta la sorpresa”. Ancora, zampilla, di foglio in foglio, il sogno di un “interminabile secondo”, di colui che “amando ha rinunciato”, che “aprendo i cuori dilata i pori e le fessure fino a farne falle, passi e gole”, che “scende nel profondo”, che “trova il suo  posto inaspettato”. Corposità del respiro guardiano di un cosmo che aggiorna “dietro la piega” di “viso addormentato”. L’autore indaga il mondo dall’alcova, esclusivo “campo di battaglia”. S’affaccia sui purpurei mercati “dell’amore perduto”, scorge “il piacere di essere riamato”, la “fiera vanità”, la “tenerezza dentro la passione”, le (insane) virtù degli infelici, “la gioia dell’amante nell’amato”, e, con lampante influsso gibraniano, la (discutibile) percezione della profondità dell’amore dopo il distacco, “ho cominciato a amarti appena mi hai lasciato”.
GRAZIA CALANNA