sabato 29 ottobre 2011

L'Altro Fuoco di Antonio Spadaro (Jaca Book)

L'Altro Fuoco di Antonio Spadaro (Jaca Book)
L’esperienza della letteratura fiorita dalla parola fondatamente poetica, “biblico roveto ardente”, che, ritemprandolo, infiamma il lettore al quale instilla la propria “potenza espressiva”.  Parliamo dell’opera di Antonio Spadaro, “L’altro fuoco”, Jaca Book, che, nella prima parte, “Ritratti”, narra di nove scrittori, “tutti fortemente in tensione d’attesa”, accomunati dalla  “dimensione ardente”. Cesare Pavese, esige “di ancorarsi nell’essere, facendo un’intensa esperienza «contemplativa» di contatto”, mosso da un «urto impetuoso» s’incolla al mondo svelandone l’inarrivabile fantasioso del reale. Stig Dagerman, ha lo sguardo di un «bambino bruciato» che narra la vita  “opponendosi tanto ai fantasmi di un’ingiustizia cosmica, quanto alle pressioni dell’ingiustizia sociale”.  Rowan Williams, i suoi versi sono “come la pietra pasquale del sepolcro, che espira aria dai polmoni di marmo; una pietra che crepita nell’inesausta tensione che la sospinge via”. Oscar Wilde, arso dai livori del “diverso”, diventa “giocoliere di idee, prestigiatore del pensiero” aizzando una “sofisticata rivolta intellettuale”. Alda Merini, elegiaca, altalenante tra “abissi e vertigini”, tra “il «qui» della carne e l’«altrove» dello spirito”, tra “passione amorosa e tensione mistica,  pentimento e adorazione, tormento ed estasi”. Giorgio Bassani, singolare sospensione declina in una metrica «della tenerezza molto simile alla nostalgia» e «un’aria dolente, un moto di colloquio superstite, affranto». Bartolo Cattafi, pregiata voce del nostro ultimo Novecento, vive l’attesa come una forma di «rivelazione». La poesia, dichiara, è “più un fatto che un’idea”, sboccia “sotto il segno apparente dell’imprevisto”, è “nuda denuncia del mondo in cui si è uomini, cruento atto esistenziale”.  Mario Luzi,  si colloca «nella grande tradizione della poesia come pratica salvifica». Dolore e inquietudine hanno  segnato l’itinerario luziano che “si è fatto ascensionale fino alla tappa del viaggio terrestre che si fa celeste”. Gerard M. Hopkins, “mosso dalla certezza che in fondo alle cose vive una freschezza fiammeggiante, sorgiva, custodita dallo Spirito Santo che «cova» con caldo petto e luminose ali”. La seconda parte del volume, altrettanto nitidamente, scandaglia, sei singolari “Figure”: il viaggio,“desiderio di una «terra promessa» che rende il passo sicuro, ma inquieto”; la frontiera, “spazio mitico dove è possibile rinascere immergendosi in uno stato di innocenza quasi adamitica”; la lotta, “immagine della drammaticità della vita e dei suoi conflitti”; il germoglio, capitolo dedicato alla poesia cinese che ha “il vantaggio unico di combinare il suono della parola alla sua immagine”; le cose, “il significato della nostra esistenza si gioca anche nel modo in cui viviamo con gli oggetti”; il logos, “l’accostarsi alla figura di Gesù per conformarsi ad essa, entrare in dialogo o scontrarsi con essa implica necessariamente il «cogliere il vero fondamento della [sua] storia», il suo significato, il suo logos”.   
GRAZIA CALANNA


martedì 18 ottobre 2011

1921

1921

Serviranno a ben poco epicedi o epitaffi in onore di Andrea Zanzotto.
La sua opera lascia punti di sospensione.
E due punti, direbbe la Szymborska.
Un fuoco permanente la poesia, roveto ardente, ardimentoso dire ripagato dall'indifferenza, perché
il poeta è trattato come un morto in vita, al massimo celebrato istituzionalmente,
così da congelare la sua corrosività sociale nella museificazione accademica di premi e
riconoscimenti”. Ma cosa può riconoscere una società ignara di se stessa in un poeta?
Chi è senza desiderio come può farsi allievo?
Cosa può apprendere il secolo del prendere?
Di che può preoccuparsi chi sa soltanto occuparsi?

Al mondo per le sue presenti mete,
non serve il senno, basterà la rete.”

Con un lievissimo cachinno, così mi risponde Zanzotto.
Si può dargli torto?

di Luigi Carotenuto (www.lestroverso.it)