Spoesie
di Nadia Cavalera (Fermenti)
Si presenta armata la poesia di Nadia Cavalera. Armata di logos e pathos, ragione e pietà profonda per gli uomini che portano la croce quotidiana del precariato e delle ingiustizie sociali; pietà per la natura sottomessa, soffocata dall'ottusità politica e imprenditoriale. I suoi versi indignati mirano dritto ai veri problemi del nostro Paese, dagli abusi alla hybris del Presidente del Consiglio, con la complicità degli altri organi di Stato, fino all'inerzia colpevole degli elettori. “L'infelicità va sottoposta a critica”, scrive, “ché la vera salvezza c'é e tanta / al di fuori”; fuori da ogni ricatto morale, ideologico, venga dai partiti (senza risparmiare una Sinistra accomodante) o dalle autorità ecclesiastiche. Lessico rovente, caustico, parole in difesa del popolo, di quel “proletariato / violentato per definizione nei secoli dei secoli”, inviti alla Resistenza e al risveglio delle coscienze civili, etiche, morali, con la forza di un dettato lucido, libero (originalissima la punteggiatura), partecipato oltre che lirico “(: può esserci un sogno sopra il dirupo?)”. Nonostante tutto e tutti, un ostinato, religioso, credo quia absurdum “(: solo l'assurdo può essere creduto)” nei confronti di un riscatto umano e sociale possibile, da parte di una donna che si ridurrebbe “lontan'esule in un'umile stanza”, in autoesilio sacrificale, pur di veder riconsegnate alla nazione le proprie “armi belle”, ovvero la bellezza, i sentimenti, la giustizia e rifiorita così la vera humanitas.
Luigi Carotenuto
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