venerdì 20 gennaio 2012

Recensione Rubrica Belli da Leggere a cura di Grazia Calanna su www.lestroverso.it

Da Moby Dick all’Orsa Bianca
di Anna Maria Ortese
Adelphi


Scritti suadenti, distinti da raffinatezza, levità, trasporto, dolcezza, umorismo, esplorazione, amore, come quello per la lettura, che si rivela “fra le passioni più belle della vita, spazio del diletto e del riposo dell’anima e insieme della costruzione del senso del suo essere nel mondo e del suo starvi da scrittrice”, abbracciano, dal 1939 al 1994, un lungo periodo di intensa attività giornalistica. Parliamo del libro,  curato Monica Farnetti, “Da Moby Dick all’Orsa Bianca” di Anna Maria Ortese, edito da Adelphi, che si schiude con una deliziosa narrazione inerente il “Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi”, il giovane favoloso, colui che “ebbe e ci diede il senso dello spazio, del tempo, e, con esso, lo sgomento della nostra piccolezza, l’affannato interrogare, il ripiegarsi muto”. Straordinari i capitoli intitolati: a Cechov, leggere una sua pagina, riflette l’autrice romana, “è come mettere l’occhio su un vetro nitidissimo e guardare sotto scorrere la vita”; alla ragazzina di Amsterdam, Anna Frank, all’innata “esigenza di verità”, alla capacità di “resistenza al male” - dovunque esso sia - e al suo “diario esemplare”, custode di “un mondo che dura due anni, ma è eterno, perché è di tutti i tempi e di tutti i luoghi”; a Eduardo De Filippo, “inimitabile, incantevole evocatore di tutto un mondo e un costume in apparenza piacevole, in realtà cupo e disperato, un mondo e un costume che si dibattono ai margini della vita moderna, della ragione umana, costruttiva, senza comprenderla né esserne compresi”; a Dino Buzzati, a “quella sua facoltà più che umana, misteriosa e tranquilla, di avvertire, nella solitudine, la solitudine degli altri; di carpire, solo in apparenza immobile, la paura e il dolore del mondo”. Ancora, singolari gli spunti offerti dalle letture del “Ritrattino del Dandy” nel quale si ricorda Baudelaire, colui che “ha lasciato una immagine del dandy superiore a quella suggerita da qualsiasi altro scrittore”, e di “Cristo e il tempo” dove è rammentato che “siamo appena l’altra parte dell’Universo, dov’è posto il sigillo, siamo il primo Enigma, che aspetta in eterno - senza porre vere domande - una risposta già venuta da duemila anni, e che il silenzio, e l’atrocità del silenzio, vanno ora mutando in giudizio”. Nel contempo esilarante, caustico e meditativo “Il piacere di scrivere” che, schiettamente, premessa l’italianissima (pretesa) vocazione, bacchetta “ogni abitante-scrittore” che se ne sta sul proprio “manoscritto come il bambino, a tavola, col mento nella scodella, sogguardando la scodella, cioè il manoscritto, dell’altro: e se quello è più colmo, sono occhiate, lacrime…”. Un modo per dire che dovremmo cessare di stendere soliloqui per piacere a noi stessi o, peggio, agli altri. Un’esortazione a rispolverare il valore autentico della letteratura, “un richiamo, un grido che turbi, una parola che rompa la nebbia in cui dormono le coscienze”.
Grazia Calanna

Recensione Poesia a cura di Grazia Calanna su www.lestroverso.it

“Fragmenta”
di Giorgia Zuccaro
Giuseppe Maimone Editore


“Fragmenta” di Giorgia Zuccaro, è una silloge (Giuseppe Maimone Editore) che raccoglie, in linea cronologica, versi fioriti dagli anni della pre-adolescenza ai nostri giorni. È la storia, meglio, “il romanzo di formazione di una vita che ricerca il senso prima dentro alle parole dei cari maestri e poi dentro il Sé”. “La genesi spontanea di queste poesie -  afferma il prefatore, prof.   Paolo Bellia - costituisce una cattura di contenuti elevati trasposti verso il basso e l’ermeneutica corretta dovrebbe tendere alla ricostruzione degli altri significati ispiratori in un moto di risalita piuttosto che seguire un percorso discendente verso i meandri dell’inconscio e del livello terreno-materialistico”. L’autrice che ha “bruciato incensi d’amore all’equa ragione e alla (propria) razionalità”, “rinasce da se stessa ogni giorno” porgendo un dettato lirico costantemente pulsante, diversificato da percettibili peculiarità. Scioltezza, “calava il giorno sulla nicchia di prato ove giacevo trasparente ai tuoi occhi”. Ermetismo, “il tutto non si scorge in quel limbo, nel tuo altare, tutto appare, tutto dispare e nulla che dia senso a questo faro intermittente”. Levità, “carpiva il suo silenzio celato in armonie dell’universo dormendo inginocchiata accanto a lui, cuore a cuore”. Osservazione, “nobili si stagliano i versi della tua quotidianità come agili levrieri in cerca di verità”. Spiritualità, “da un canto ti leggo e da un canto ti spero, assomigliarti agogno se non nella gloria perlomeno nell’anima”. Raccoglimento, “è forse più gratificante temere che godere la luce?”. Un inno colto e lucente all’indivisibilità dell’essere, all’infinitezza che “nasce con la fine e finisce con l’inizio”. Un invito, per dirlo pensando alla sapienza di Lucio Piccolo, vate celebrato dalla Zuccaro assieme a Montale (“ora tuo malgrado vivi, computo il balzo che una volta temevi, ma non hai lasciato il bandolo della sicurezza”), Ungaretti (“ora lo sai che è nel tappeto in cui i colori si fondono che la solitudine si stempera in una dolce armonia di suoni”), Saba (“rimpiangi di tornare su quel, ormai famoso, nuvolo dorato”),  Dante (“gli ignavi li sputa anche l’Inferno”) e Mario Luzi (“nulla di ciò che accade è senza volto e nulla di ciò che percepisci puro è inganno), a rifugiarci nell’oscurità di noi stessi per ritrovare quanto di prezioso abbiamo smarrito. E riflettere, pertanto,  sull’impellente necessità di prendere (“Avere”) coscienza del mondo. In che modo? Verosimilmente, ascoltando con “cuore sincero” - senza riserve - per diventare eterni “testimoni d’Amore” anche quando, sotto oniriche tolde,  “la notte disarma dolcemente la vita”.
Grazia Calanna

POESIA a cura di Luigi Carotenuto su l'EstroVerso (www.lestroverso.it)

I fiori del male
di Charles Baudelaire - (traduzione di Giorgio Caproni)

ll pregevolissimo volume Marsilio, curato egregiamente da Luca Pietromarchi (esaustivo, appassionato e acuto sguardo critico), è un'occasione per annusare tutti gli odori sparsi nell'aria da I fiori del male, floridissimi ancora oggi, in una introvabile traduzione del poeta Giorgio Caproni (di cui ricorre quest'anno il centenario dalla nascita), geniale e sensibile traduttore di Charles Baudelaire. Dalla copertina spiccano severi gli occhi del poeta francese, l'altrove pare abbia trovato domicilio nelle sue pupille insieme alle cateratte del vizio. Rovistando le tenebre egli ha tratto alla luce un'umanità rinnovata, salvata da mano di artista pietoso e universale. Baudelaire ha giocato fino in fondo e sul serio la partita di uomo e intellettuale, allargando visioni cognitive e profondendosi in immagini estremamente vivide, toccanti, incastrate in forme di sonetto o in rima alternata, slanciandosi dalla tradizione fino “Au fond de l'Inconnu pour trouver du nouveau!”. Da visivo a visionario, la scrittura, eccelsa anche trasfusa sui poemi in prosa, gli aforismi o i commenti d'arte, mette a tu per tu il lettore, ipocrita o no che sia, così affondata com'è sulle bassezze umane, dunque attuale. Armandosi di sarcasmi e ironie per difendere il suo nudo cuore lacerato in una Parigi troppo indaffarata, indifferente al poeta albatros, manifesta aristocratico disprezzo dandy per la società borghese, e annota, profetico, nei Journaux intimes (trad. Marco Vignolo Gargini): “[…] periremo per ciò che noi abbiamo creduto di vivere. La meccanica ci avrà talmente americanizzato, il progresso avrà così bene atrofizzato in noi tutta la parte spirituale, che nulla tra le fantasticherie sanguinarie, sacrileghe, o antinaturali degli utopisti potrà essere comparato ai suoi risultati”.
Luigi Carotenuto


POESIA a cura di Luigi Carotenuto su l'EstroVerso (www.lestroverso.it)

PoeSia su http://www.lestroverso.it/

L' Italia è morta io sono l'Italia
di Aurelio Picca (Bompiani)

“Io, io sono pronto a combattere contro tutti / come se la guerra potesse medicare le ferite, / cancellare i peccati, / come se potesse decidere una volta per tutte / il destino di un popolo servo, / di un mondo che presto morirà”. E davvero contro tutti, se stesso compreso, si scaglia il furore lirico e civile di Aurelio Picca, nel suo poema roventissimo “L'Italia è morta, io sono l'Italia”. La prima persona utilizzata in questo epicedio nazionale è la prima persona di ciascun lettore, una chiamata alle armi della sensibilità e dell'ascolto reale, un drammatico appello per ritrovare la mancata empatia, risorgere davanti allo scempio di una nazione che è nostra madre, il nostro sangue, infine noi. Nel suo furore Picca mostra un amore viscerale per un Paese girato da cima a fondo, perlustrato nei suoi recessi e monumenti ancora colmi di bellezza e idea di riscatto, sfregiati sì ma non annientati, come evidenzia Luca Doninelli nel commovente saggio a fine poemetto. Un foscoliano invito a ricordarci dei morti (“le nostre Ombre ci chiederanno il saldo”), e portare i bambini in visita al disarmante Sacrario di Redipuglia, custode dei tantissimi italiani periti nella Grande Guerra. Tra il “caos di queste ore / che si sfregano alla rinfusa” l'autore, attraverso il ricordo della luce, la stessa che avvolse San Francesco e Chiara beatamente, ritempra lo spirito affranto, specchiandosi nei cieli italici d'ogni regione. “Io indosso una camicia bianca / e ben stirata tutti i giorni / come se stessi seduto in un caffè a Catania / accanto al Verga che piega la mano / sulle labbra rosse della Sicilia. E ardo nelle fiamme di Agrigento / come se le colonne del tempio della Concordia / fossero le donne della mia vita”. Un'esortazione fiammeggiante, un grido commosso e disperato, un canto per resuscitare i vivi e risarcire i defunti.
Luigi Carotenuto  

l'EstroVerso n. 1 2012 è on line su www.lestroverso.it

l'EstroVerso n. 1 2012 è on line su www.lestroverso.it

venerdì 30 dicembre 2011

L'ombra della salute di Alberto Pellegatta (Mondadori Lo Specchio) - recensione di Luigi Carotenuto su www.lestroverso.it

Sembra farsi da parte l'uomo tra le righe dei versi di Alberto Pellegatta, dileguarsi, etimologicamente, come la salute. Questo “mistero sconcio, meraviglioso […] senza futuro”, è proprio l'oggetto di indagine del poeta. Da Tasso a Hölderlin, la poesia è stata spesse volte sul ciglio della propria ombra: malattia, follia, decadenza hanno attraversato intere esistenze e pagine. Pellegatta esalta l'oscurità del reale, le controversie vitali offrendo un quadro tumultuoso e icastico proprio grazie alla quasi totale assenza dell'io sulla scena. Mettendo in discussione qualunque io (“«Chi siamo? » chiede il quasiprete / quando piuttosto dovrebbe / domandarsi se per caso / siamo veramente”) dileggiando pose e luoghi comuni (“il poeta glamour / leggeva i nostri stessi giornali”), fissando in sentenze di verità incontestabile il nostro esser-ci disintegrato ( “Ma adesso, l'attimo presente, è la capitale del Tempo). Abbagliano i colori presenti nel libro, sgargianti, fantascientifici (la “glassa verde” ci fa venire in mente i quadri di Max Ernst)  o scuri, reietti, caravaggeschi (neri e macellerie sanguinolente riportano a Goya, Rembrandt, Bacon), visioni cosmogoniche, apocalittiche, “squassi e squagliamenti”, vaneggiare d'uomini che “Ricompilano la scienza / mentre la storia prende fuoco”; dunque, se “l'attualità è intermittente / come un'immagine rotta”, non resta forse che seguire la memoria dalle “stanze immense / camere colme di specchi”, o infilarsi dentro “un pacchetto di spazio sicuro e di presentimenti”. Resterà, di noi, “un sole in ogni foto. Moltiplicato, mobile / nel mobile, ritardato”.

domenica 27 novembre 2011

“QUANDO LA POESIA” di Mario Grasso con Grazia Calanna e Luigi Carotenuto

“QUANDO LA POESIA” di Mario Grasso

Martedì 6 dicembre, alle ore 17,30 nei locali della Biblioteca-Pinacoteca Provinciale, in Piazza Manganelli, a Catania, il prof. Mario Grasso (Direttore Editoriale Prova d’Autore, www.provadautore.it – Direttore  Lunarionuovo, www.lunarionuovo.it) interverrà sul tema  “QUANDO LA POESIA” svolgendo spunti di approssimazioni critiche sui recenti libri di Grazia Calanna, “Crono Silente”,  e Luigi Carotenuto, “Vi porto via”.  
Seguiranno letture e dibattito aperto al pubblico presente.
Ingresso libero.